Ricevere l'avvenimento - Due donne nei tornanti della storia

CMC di Milano, Largo Corsia dei Servi 4
Presso il Centro Culturale di Milano, nella sala situata in largo Corsia dei Servi 4, in collaborazione con l’Assessorato Culturale del Comune di Milano ha inaugurato la mostra Ricevere l’Avvenimento che vede protagoniste due straordinarie donne americane del XX secolo. Questa mostra composta da 75 scatti in bianco e nero è stata ideata da Camillo Fornasieri, direttore del Centro Culturale di Milano e curata da Angela Madesani.
L’esposizione, inscritta e concepita nel tema del programma di eventi del Comune di Milano, dedicato a figure femminili di fama internazionale, pone in serrato dialogo il lavoro di due fra le più importanti fotografe del XX secolo, le americane Dorothea Lange (1895-1965) e Margareth Bourke White (1904-1971), allieve dello stesso maestro, Clarence H.White, uno dei fondatori della Foto Secessione.
Il titolo della mostra è stato scaturito dalla capacità di entrambe di lasciarsi sorprendere dagli accadimenti e di restituirli attraverso il dono della macchina fotografica. L’apertura a saper ricevere è già atto conoscitivo ed espressivo.
Dorothea e l’attenzione alla povera umanità
Dorothea Lange apre uno studio a San Francisco, allora capitale della fotografia americana, nel 1918. Inizia a fare ricerca, si rapporta con le persone, entra nelle loro vite. Se inizialmente il suo lavoro è soprattutto dedicato al ritratto, in breve Lange inizia a interessarsi agli ultimi, agli emarginati, ai poveri urbanizzati, a quell’umanità che è entrata con forza nelle pagine di John Steinbeck, nel suo Furore in seguito alla grande crisi della fine degli anni Venti. La fotografa accoglie gli avvenimenti, gli sguardi, i sentimenti, le espressioni dei volti, dei corpi. Spesso soggetti delle sue fotografie sono le donne, quelle apparentemente perdenti, che dalla vita hanno ricevuto fatica, miseria, Lange le fotografa con i figli, che accudiscono con amore, ma anche sole, immerse nel lavoro.
Protagonista della Farm Security Administration, una missione fotografica, studiata dal governo statunitense per comprendere a fondo i problemi del Paese, la sua Migrant mother, è un’icona della fotografia del XX secolo. La fotografia del 1936 rappresenta una madre con il figlio in braccio, una sorta di Madonna laica, Florence Owens Thompson, una proletaria in giro per la California in cerca di lavoro e di pane per i suoi figli.
Nel corso degli anni il lavoro della fotografa ha assunto sempre più una piega di indagine sociologica. Pur non essendo una fotoreporter in senso stretto, nel secondo dopoguerra, Lange ha collaborato alla nascita di Magnum.
In mostra sono alcune foto degli anni Quaranta, dedicate a una complessa quanto dolorosa storia che ha per soggetto i giapponesi. Nel 1942, dopo l’attacco di Pearl Harbor della fine del 1941, il presidente degli Stati Uniti Franklin D. Roosevelt firma un ordine esecutivo, che stabilisce che tutti i giapponesi residenti negli Stati Uniti, anche quelli nati in territorio americano, devono trasferirsi nei “campi di ricollocamento del periodo di guerra”. Un vero e proprio esodo di circa centoventimila persone, che furono costrette ad abbandonare le loro case, il loro lavoro e le loro proprietà.
Il governo incarica Lange di documentare l’internamento di guerra dei nippo-americani. Lange è contraria a queste disposizioni e il suo lavoro, sensibile, intelligente, riesce a mostrare il dramma dei singoli individui. Come in altri suoi lavori, a contraddistinguerla sono il rispetto e la delicatezza con cui si avvicina alle persone. Umanità e realtà del soggetto sono il fulcro del suo lavoro fotografico, in cui emergono la dignità e il rispetto per le persone.




Margaret che non tira dritto e guarda in profondità
Fin da ragazza Margaret Bourke White manifesta la sua ambizione, la sua volontà di indipendenza. Quando nel 1928 si trasferisce a Cleveland in Ohio apre uno studio di fotografia industriale e di architettura. Si collocano in questo ambito le immagini in cui gli oggetti dell’industria diventano delle vere e proprie astrazioni, così in una delle immagini in mostra. Fondamentale è la composizione, la fotografa, attenta ai dettagli, ha lavorato al limite, postandosi sui cornicioni dei grattacieli più alti, sorvolando le città, si è spinta nelle zone più pericolose degli stabilimenti.
Ha ricevuto e accolto con coraggio gli avvenimenti che le si sono presentati di fronte. Lei stessa ha affermato sul senso del suo lavoro: «Trovare qualcosa di nuovo, qualcosa che nessuno avrebbe potuto immaginare prima, qualcosa che solo tu puoi trovare perché, oltre ad essere fotografo, sei un essere umano un po' speciale, capace di guardare in profondità dove altri tirerebbero dritto».
Nel 1930 è la prima fra i fotografi occidentali a recarsi in URSS, realizzando reportage sull’industria sovietica. Fotografa in più occasioni il Mahatma Gandhi, cogliendone la forza spirituale. Le sue fotografie del campo di concentramento di Buchenwald, il giorno dopo la liberazione dei prigionieri, hanno fatto il giro del mondo, divenendo testimonianza inoppugnabile della tragedia.
Nel corso degli anni Trenta è vicina all’emergenza sociale degli Stati Uniti. È sua la celebre fotografia della fila di persone di colore, in attesa della distribuzione di un pasto, sovrastati dalla pubblicità di una automobile con a bordo la tipica famiglia americana wasp e la frase “World’s highest standard of living”. Sempre con un taglio reportagistico, nel 1937, pubblica con il marito Erskine Caldwell, il volume illustrato You have seen their faces sulle tragiche condizioni di vita nelle campagne americane devastate dalla siccità, dalla carestia, dalla miseria, un soggetto vicino a certe immagini di Dorothea Lange.




LUOGO E ORARI DI APERTURA DELLA MOSTRA
Centro Culturale di Milano
Largo Corsia dei Servi, 4 Milano
Lunedì – venerdi: 10 – 13; 14.00 – 18.30
Sabato e domenica: 15.00 – 19.00
INGRESSO CON DONAZIONE 10 EURO
Per informazioni:
www.centroculturaledimilano.it
tel. 02 86455162